Il Plebiscito Veneto


IL PLEBISCITO VENETO

plebiscito-veneto_slimAndrea Romano, esponente di Scelta Civica, livornese di nascita, di fatto statale romanizzato dal 2009, commentando a Matrix le affermazioni dei partecipanti alla manifestazione spontanea in piazza dei Signori a Treviso dopo l’esito del referendum online indetto dal movimento veneto Plebiscito, si meravigliava che a festeggiare ci fosse anche Andrea Viviani, uno tra i più giovani del gruppo indipendentista che nel 1997 assaltò simbolicamente il campanile di San Marco.

Gli altri esponenti politici invitati al talk show diretto da Luca Telese, prudentemente si limitavano a considerare il risultato del referendum, per quanto da verificare, un semplice sondaggio, sintomo però del malessere del Veneto (terra delle partite IVA e non solo) che va capito e cui urge dare delle risposte concrete. Romano, che invece liquidava il tutto come una pagliacciata, con surreale candore si chiedeva se al Viviani non fosse bastata la lezione che aveva ricevuto in seguito al suo arresto nel ‘97, insinuando nell’ascoltatore il retro pensiero che, se necessario, ci sarebbero pronte altre bastonate per lui e per quanti proseguissero cocciuti a inseguire questa strana idea dell’indipendenza veneta.

Ecco il livello di democraticità di questo esponente, che a parole si proclama centrista e liberista ma che nei fatti rivela appieno la sua natura profondamente statalista e fascistoide non appena si mettano in discussione le fonti del suo reddito. Aveva un bel dire la padovana Elisabetta Gardini, unica veneta nel parterre riservato agli ospiti, e per altro esponente di Forza Italia, per ricordare al Romano che gli assalitori simbolici del campanile di San Marco avevano armi finte e un tank di cartone e che uno di loro è stato lasciato marcire in carcere dove è morto per l’inflessibilità della “giustizia italiana” che l’ha equiparato a un pericoloso ed eversivo criminale, terrorista e assassino. A maggior ragione i veneti dovrebbero star buoni, era il senso della risposta alla Gardini di questo infame cialtrone.

La “Perfida Albione” (com’era chiamato il Regno Unito durante il ventennio fascista e identificato con le bianche scogliere di Dover che apparivano ai naviganti oltrepassando il canale della Manica) è molto più civile e democratica dell’Italietta, realmente perfida, rappresentata da questo liberale tarocco di Romano. Con molto fair play, dopo aver concordato per tempo la roadmap verso il referendum scozzese e nell’eventualità che il prossimo 18 settembre esso sancisca la secessione della Scozia dal Regno Unito, David Cameron, primo ministro del Regno Unito e Alex Salmond, primo ministro scozzese, stanno già concordando in anticipo persino le procedure di separazione, tra cui anche la suddivisione del debito pubblico. Ciò nonostante l’evidenza, grazie al petrolio del Mar Nero, che i vantaggi di questa divisione siano tutti a favore della Scozia, una delle nazioni più ricche al mondo, al 14°posto nella classifica della ricchezza nazionale, sopra la Gran Bretagna ferma al 18°. Il muscolare Romano invece non trova di meglio che riservare ai veneti delle malcelate e retrive minacce.

La civilissima Danimarca, con un debito pubblico inferiore al 46% del Pil, fulgido esempio di welfare che funziona e dove tutti pagano le tasse benché alte, ha poco più della popolazione del Veneto e come esso non ha grandi risorse naturali, eppure non ha sofferto per la crisi economica rientrando con merito nel gruppo dei paesi nordici virtuosi. I democraticissimi danesi fedeli alla loro moneta, la corona danese, sono gli eredi di un regno che ha attraversato i secoli come la Repubblica di Venezia, dove per altro già esisteva una democrazia in nuce. Perché i veneti, che sono un popolo alla pari dei danesi, non dovrebbero vivere indipendenti e autogovernarsi nella terra dei loro padri?

Forse perché alcuni pensano che il morbo italico abbia ormai degenerato e pervertito l’etico civismo veneto, che il contagio pelasgico sia divenuto ormai irreversibile e che i veneti con l’intera classe dirigente sguazzino nella corruzione e nel clientelismo alla pari dell’Italia? Se fosse così, grazie Italia, ci avresti omologato alla merda. Ma non è ancora così e per quanto siano presenti qua e là sacche di corruttela, la Regione veneta, unica nell’Italia intera, è risultata immune al malcostume politico imperante chiamato rimborsopoli, mentre la sua sanità è un esempio di buon servizio, organizzazione e costi moderarti, tanto da essere considerata il riferimento per i costi standard nel Servizio Sanitario Nazionale.

Per quanto il risultato ottenuto dal movimento Plebiscito sia entusiasmante e sia ritenuto dagli organizzatori sufficiente per dichiarare l’indipendenza del Veneto, forse ci vorrebbero i crismi dell’ufficialità dati da un referendum tradizionale, seppure in molti paesi del mondo, elezioni e referendum siano ormai fatti in modo digitale e anche online. Pertanto, prima si provi con i metodi pacifici e democratici, ossia avendo 40 voti trasversali su 60 in Consiglio regionale veneto per indire il referendum. Sarà bello allora vedere Roma negare ai veneti il diritto di esprimersi democraticamente con un sì o con un no per la propria indipendenza. Il risultato di questo niet farebbe solo aumentare i consensi nel Consiglio regionale anche oltre i 40 voti minimi necessari per l’approvazione del referendum.

Di conseguenza il referendum sarà fatto lo stesso, seguendo la via catalana intrapresa da Artur Mas, presidente del Governo catalano, che a riguardo ha già ignorato il divieto del Presidente del Governo spagnolo Mariano Rajoy. La squadra di calcio del Barcellona, tanto per far capire al governo centrale come stanno le cose, ha recentemente adottato per le trasferte una casacca giallo-rossa (i colori della Catalogna non della Roma) in aggiunta alla tradizionale casacca blu-granata per le gare domestiche. Ovviamente, l’esito del referendum in Catalogna è scontato, come lo sarà anche quello in Veneto. Anche se tale referendum sarà consultivo e indetto, contro i voleri centrali, da un organismo amministrativo locale di emanazione italiana (il Consiglio Regionale) una volta che il popolo veneto si sarà ufficialmente espresso, è fatta e non c’è costituzione nazionale che tenga.

A quel punto, in nome del diritto naturale all’autodeterminazione dei popoli riconosciuto nei trattati internazionali, o sarà ratificata la volontà dei veneti che hanno preso piena conoscenza di se e si sono espressi per la propria indipendenza o vorrà dire che ONU e UE non contano niente e che l’Europa è ancora ferma al 1800. Ma questa volta i carbonari insorgerebbero per disfare l’Italia e lo farebbero anche per garantire ai loro figli un futuro che l’Italia sta negando a essi, essendosi impegnata con l’UE a riportare il debito pubblico al 60% del Pil, ripagando dal 2015 circa 60 miliardi l’anno per vent’anni (fiscal compact) ma che potrebbero diventare molti di più se la recessione continuasse in conseguenza di un ulteriore calo del Pil. Ma neanche la più rosea delle previsioni, come una crescita del Pil al 3% accompagnata da un euro più debole, farebbe cambiare la sostanza per gli italiani, se non, forse, dei drastici interventi shock quali la messa in mobilità di mezzo milione di dipendenti pubblici che però nessun governo in Italia oserebbe neppure proporre. Inutile farsi illusioni, l’uscita dall’UE sarà forse inevitabile per l’Italia se non saranno ridiscussi i trattati europei e dovremo ringraziare una travolgente avanzata degli euroscettici se lo saranno.

Ma già ora, il Veneto, la locomotiva del nord est che garantiva un residuo fiscale annuo di venti miliardi di euro circa alle casse romane, sta arrancando, essendo stata sfruttata e vessata dallo Stato italiano al punto da averne compromesso il suo funzionamento. Il tessuto economico delle PMI venete, funestato da uno stillicidio costante d’imprenditori che si uccidono, si è progressivamente deteriorato per la fuga di capitali e imprese e per una disoccupazione che con velocità inusitata sta ripiombando il Veneto negli anni cinquanta. Non c’è più tempo da perdere, la spending review promessa partorirà il classico topolino perché le resistenze di chi s’ingrassa con le risorse sottratte ingiustamente ai veneti saranno fortissime e l’indipendenza perciò rimane l’unica via di salvezza per chiunque viva e lavori nel Veneto.

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Pubblicato da Giuseppe Isidoro

Libero Pensiero Veneto

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